Angri, come spesso viene rilevato, ha tanti cittadini di alto talento in ogni settore. Roberto Matteo Giordano è uno di quegli angresi che, nonostante la giovane età, può vantare un ottimo curriculum.
Si forma come attore ad Angri, appena adolescente, sotto la regia di Antonio D’Andretta, per poi spostarsi a Napoli e diplomarsi presso il Centro Studi Teatro – Danza “La Ribalta”. Dopo l’esperienza napoletana arriva il grande salto: consegue un secondo diploma presso la “London Drama School” di Londra in “Trinity Guildhall Diploma in Performing”. In questi anni fecondi di spettacoli teatrali ha avuto l’occasione di lavorare con importanti registi quali: Riccardo De Luca, Iolanda Salvato, Peppe Celentano ed Angela Sales. Inoltre, partecipa alle compagnie inglesi “Working Space Theatre”, “Chaplins” e “Tickled Pink”. Da non dimenticare anche piccoli camei al cinema e in serie tv come, ad esempio, il film “Il resto di niente” di Antonietta de Lillo e le produzioni Rai “ Un posto al Sole” ,“Capri” e “La nuova squadra”. Da qualche anno è direttore artistico e ideatore del progetto “Palco 11zero8”, in cui si uniscono armonicamente due discipline dello spettacolo: la recitazione e la danza.
Dallo scorso 16 Gennaio ha iniziato una collaborazione attiva con la compagnia amatoriale “Anziteatro”, che lo ha portato alla realizzazione del primo laboratorio di teatro, aperto non solo ai componenti della compagnia teatrale, ma a tutti coloro che sono curiosi e vogliono aprirsi alla meravigliosa arte della recitazione.
Abbiamo incontrato Roberto che gentilmente ha risposto ad alcune nostre domande e curiosità.
Roberto, vuoi raccontarci il progetto del laboratorio teatrale organizzato assieme alla compagnia “Anziteatro” e al C.I.C.? Precisamente, in cosa consiste il laboratorio?
Partendo dalle discipline fondamentali della recitazione (dizione, respirazione e interpretazione), ho inteso questo laboratorio come un percorso artistico durante il quale quelli che vi fanno parte sono chiamati ad acquisire maggiore consapevolezza di sé, di quello che si dice, di come lo si dice, di come ci si muove, a lavorare insomma su se stessi. Lavorare su se stessi implica, inoltre, un lavoro sulle proprie emozioni, quelle giornaliere, quelle cioè della vita reale, perché, non dimentichiamo che è la vita, quella di tutti i giorni, ad indicarci la via da seguire nell’interpretazione, perché essa è il vero teatro dove noi siamo oltre che attori, anche registi.
Ci sarà un saggio finale in cui potremo vedere all’opera gli allievi del tuo corso?
Certo. Il saggio finale, che si terrà a giugno e a cui io do la valenza di un vero spettacolo, è l’ideale e naturale prosieguo di un percorso, non la sua conclusione: esso ha lo scopo di mettere in pratica tutti gli insegnamenti ricevuti durante i mesi di laboratorio. È il momento in cui ciascun allievo manifesta la propria personalità artistica e mette a disposizione della gente la propria creatività, vivendo e facendo vivere emozioni.
È prevista una seconda edizione del laboratorio teatrale nel prossimo autunno/inverno?
Non lo escludo, anzi. Se ci fosse la possibilità e se impegni teatrali non mi allontanassero ancora, sarei ben felice di rifarlo e magari, perché no, trasformarlo in un corso per approfondire minuziosamente i vari aspetti della recitazione.
Parliamo un po’ della tua carriera artistica. Quando hai sentito ardere dentro di te il fuoco della recitazione?
Molto presto: tutto è cominciato proprio qui ad Angri con Antonio D’Andretta che oggi guida magistralmente la compagnia “Anziteatro”. Avevo 11 anni quando mi sono avvicinato alla recitazione la prima volta. Successivamente a 18 anni, dopo una pausa di qualche anno, quello che era nato come un semplice passatempo, ho scoperto essere una vera passione e così, da allora, non ho più smesso.
Hai viaggiato molto nell’ambito della tua professione di attore e, sicuramente, l’esperienza londinese è stata fondamentale. Puoi informarci sugli anni trascorsi in Inghilterra?
Sono approdato sul suolo anglosassone nel 2009 e, dopo aver sostenuto un’audizione, sono stato ammesso ad un’accademia di teatro, presso cui ho conseguito il mio secondo diploma in recitazione. Subito dopo ho cominciato a lavorare come conduttore in programmi e show nel Regno Unito, e a partecipare a spettacoli come attore, girando un po’ l’intera Inghilterra e anche il Galles. Devo dire che recitare in inglese mi piace e mi diverte molto, ed è una bella prova per chi deve trasmettere qualcosa in una lingua che non è la propria.
Il tuo ritorno ad Angri ha coinciso con la rappresentazione di “Amor Q” nel maggio del 2013 nell’ambito della seconda rassegna “Angri a Teatro”. Quest’anno, il 25 maggio, durante la terza edizione della suddetta kermesse, esattamente ad un anno di distanza, riproporrai “Lo schiaccianoci”. Quali sono le analogie e le differenze tra le due pièce?
Sono due pièce di genere diverso. “Amor Q”, che porteremo di nuovo in scena a maggio a Napoli, è uno spettacolo di teatro-danza. Attraverso la diversità di quattro storie sottolinea come la sostanza dell’Amore, quello con la “A” maiuscola, è sempre uguale, non cambia nel tempo e nello spazio, e che non è importante chi o come si ama perché l’importante è amare. “Lo Schiaccianoci” parla anch’esso di amore in un certo senso, ma è un’opera totalmente diversa. È, infatti, una tradizionale e affascinante favola che incanta grandi e piccoli, sviluppata sulla linea della pantomima britannica, genere di cui mi sono occupato maggiormente durante il mio soggiorno inglese e che vorrei far conoscere al pubblico italiano. Non potevo, però, non includere accenti mediterranei che accompagneranno le bellissime musiche del celebre musicista russo Tchaikovsky.
Un’ultima domanda. Da sempre questo giornale auspica una cittadinanza partecipativa, soprattutto nel settore culturale. Purtroppo qui ad Angri manca una educazione al teatro. Tranne rarissime eccezioni, considerando l’Amministrazione comunale, né la maggioranza e né l’opposizione hanno mai assistito, in questi anni, ad una rappresentazione di “Angri a teatro”. Questa rassegna ha il pregio di essere una manifestazione di spessore culturale, dal basso, senza contributi pubblici, indipendente ed eclettica. Quale consiglio daresti alla classe dirigente angrese spesso, se non sempre, cieca e sorda sugli avvenimenti culturali organizzati dalle associazioni dei propri concittadini?
Il potere della cultura non va assolutamente sottovalutato. Di cultura, nell’ambiente teatrale, ce n’è tanta. Il teatro è un tempio dell’arte. L’arte è cultura. La cultura è comunicazione e la comunicazione è civiltà e arricchimento. Bisognerebbe in ogni città, in ogni paese, anche il più piccolo, promuovere avvenimenti culturali, anche e soprattutto teatrali, e dare la possibilità ai cittadini di utilizzare lo spazio teatrale come fonte di un sano, istruttivo ed utile modo di condivisione e socializzazione. Chi è impegnato politicamente dovrebbe dare l’esempio, aprire gli occhi davanti agli ottimi esiti di partecipazione del pubblico, e contribuire affinché si possa fare sempre meglio: l’arte vive solo se ci si unisce e si “combatte” insieme.