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    I fatti valgono più di mille parole

    “I fatti valgono più di mille parole”. Quante volte persone giovani e meno giovani hanno letto questa frase, affissa in più punti sulle pareti dell’Erakles Gym Club o messa in calce agli articoli che raccontavano i tanti trionfi sportivi di Nicola D’Ambrosio. È la frase che più di ogni altra racchiude i valori e gli ideali cui si è ispirato il maestro nell’arco del suo percorso di vita, il senso che ha voluto dare alla sua opera e il messaggio che è riuscito a trasmettere a generazioni di atleti cresciuti sotto la sua attenta guida.

    Molti identificano Nicola D’Ambrosio con la palestra in cui preparava le sue imprese sportive e forgiava i suoi allievi. In effetti l’Erakles, come la maggior parte degli atleti che l’hanno frequentata ha imparato a capire in tanti anni di allenamenti, è sempre stata prima una palestra di vita e poi un centro sportivo, un contesto in cui l’aspetto commerciale è sempre passato in secondo piano. Il Maestro ha sempre creduto nel ruolo formativo dello sport e ha sempre cercato di costruire persone educate e coscienziose prima ancora che preparate e vincenti. I numerosi rimproveri fatti ai suoi atleti nel corso degli allenamenti, il correggere senza mai umiliare o deprimere, l’esempio dato coi fatti ancor prima che con le parole, la rigidità con cui venivano sanzionati alcuni errori e qualche colpo di testa inevitabile in un ambiente popolato da tanti giovani, potevano a volte infastidire o destare disappunto tra gli atleti, ma in fondo chiunque avesse un minimo di spirito critico e avesse imparato a conoscere il maestro sapeva che tutti questi interventi avevano l’unico fine di spronare le persone a tirar fuori il meglio di sé stessi in ogni situazione, non diversamente dai consigli e dai rimbrotti che un buon padre deve dispensare per far crescere i propri figli. Con le persone che maggiormente condividevano questo modo di fare e che ne hanno compreso le finalità Nicola ha stretto relazioni di amicizia e fiducia mantenutesi salde nel corso degli anni. I tradimenti e i volta spalle che purtroppo non sono mancati sul sentiero della sua vita, pur senza intaccare minimamente i suoi valori, lo hanno ferito profondamente nell’ animo: alcuni sono stati perdonati, su altri ha prevalso l’intransigenza, perché dopo aver investito tempo, risorse e fiducia su un atleta il Maestro era solito aspettarsi, legittimamente, un minimo di riconoscenza e un atteggiamento di coerenza verso certi principi alla base di un preciso modo di agire e di relazionarsi.

    Ai suoi allievi non chiedeva di diventare campioni, ma di concludere ogni allenamento con la consapevolezza di aver dato tutto facendo leva esclusivamente sulle proprie forze: il maestro ha sempre insegnato ai suoi ragazzi come battersi lealmente e col massimo rispetto per gli avversari, evitando pericolose tentazioni e facili esaltazioni. Ha sempre cercato di tenere tutti quelli che si avvicinavano alla cultura fisica, e ancor di più gli atleti dal maggior potenziale, lontani dal doping, spiegando loro in modo crudo gli irreparabili danni che tale pratica può arrecare alla salute e sottolineando come fosse molto più onorevole e formativa una sconfitta rimediata dando fino all’ultima goccia del proprio sudore rispetto a cento vittorie ottenute con la vergognosa onta dell’inganno e del baro. Ha insegnato ai suoi allievi che senza sacrificio e sudore non si ottiene nulla di realmente importante nella vita, che la competizione sportiva è nient’altro che lo specchio di quella che ognuno di noi affronta nella sua vita quotidiana e che solo affrontando entrambe con lealtà e coraggio si verrà ripagati per tutti gli sforzi fatti.

    Ispirato da una fede irremovibile, estremamente coerente ai suoi ideali e supportato da una bellissima famiglia cementatasi intorno alla sua figura, in oltre trent’anni di onorata carriera militare e anche dopo il congedo Nicola ha sempre dimostrato un forte senso del dovere nei confronti dello Stato e della collettività: da preparatore atletico dell’esercito non ha mai accettato atleti raccomandati nelle sue squadre; da maresciallo non ha mai chiuso un occhio dinanzi a situazioni poco trasparenti; in divisa o meno, non ha mai avuto il timore di intervenire in prima persona per sventare reati o risolvere situazioni pericolose, mettendo a repentaglio la sua stessa incolumità in nome della convinzione che soltanto attraverso il buon esempio (i fatti valgono più di mille parole) si possono cambiare certi modi di fare e di pensare.

    La volontà di portare a termine gli ambiziosi obiettivi che si prefissava di volta in volta nel corso della sua vita lo ha spinto ad essere a suo modo un grande innovatore: tale fu quando poco più che adolescente allestì una mini palestra in uno scantinato per poter svolgere un’attività che solo poche centinaia di persone in tutta Italia conoscevano, tale era quando assieme a pochi colleghi studiava e sperimentava in prima persona esercizi atletici inediti dall’elevato coefficiente di difficoltà da insegnare successivamente ai suoi giovani allievi militari, tale si dimostrò inaugurando nel 1979 la prima palestra di cultura fisica e body building della nostra città (tra le prime in Campania), tracciando un solco che di lì a poco numerosi suoi atleti ed ex collaboratori avrebbero seguito, sfruttando le stesse competenze ed esperienze maturate a stretto contatto col Maestro.

    Da uomo di fede Nicola ha sempre creduto nell’idea secondo cui la forza fisica e morale sviluppata grazie al duro allenamento dovesse essere messa a disposizione dei più deboli e delle persone maggiormente in difficoltà: chiedeva spesso ai suoi ragazzi di dare una mano in palestra o in altre situazioni, ed era il primo a dare il buon esempio nei fatti, aiutando assieme ai suoi commilitoni le popolazioni colpite da due terribili terremoti prima in Friuli e poi nella nostra terra; modificando gli attrezzi da lui stesso progettati e costruiti in modo da permettere ai ragazzi con difficoltà motorie o con disabilità di non rinunciare all’allenamento e alla riabilitazione; dando sempre un consiglio o un aiuto alle persone coinvolte in situazioni difficili, cosa di cui diversi nostri concittadini sono testimoni, da una ruota forata a una corsa in ospedale in piena notte per permettere a una donna di partorire, passando per una rapina a mano armata in un negozio sventata tra l’incredulità dei presenti.

    Sottolineare le tante cose positive fatte da una persona nell’arco della sua esistenza non è un puro esercizio dialettico ne tantomeno un qualcosa che va fatto a prescindere per un discorso di soggezione; serve a fare in modo che le azioni, le opere, i valori, gli ideali e i messaggi che hanno caratterizzato la vita di un uomo restino nella memoria di coloro che lo hanno conosciuto e si tramandino alle generazioni future, rendendo tutti noi delle persone migliori.
    Gian Maria Manzo
    * Questo articolo è stato realizzato con la collaborazione di Bonaventura Desiderio

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