Nel numero di febbraio di ANGRI80 ho dato notizia della recente messa all’asta del piano nobile del palazzo d’Angri a Napoli, prestigiosa sede dei Principi Doria fino agli inizi del Novecento, e ho accennato agli arazzi che adornavano i saloni interni, originariamente conservati nel castello angrese.
Incuriosito da questo particolare, ho fatto qualche ricerca più accurata …
È risaputo che nel 1908 il castello di Angri fu acquistato dall’Amministrazione Comunale, con l’annessa villa, per un importo di 90.000,00 Lire (fatte le debite conversioni, la cifra odierna ammonterebbe ad appena 363.931,75 Euro!) ed è ipotizzabile che in quella contingenza gli arredi di Angri siano stati trasferiti nelle residenze napoletane dei Doria. Nel 1940 la famiglia mise all’asta i suoi beni, compresi gli arazzi, che furono battuti fra il 26 febbraio e il 1° marzo nel palazzo di piazza 7 settembre. L’operazione venne affidata alla Galleria Ciardello di Firenze che, nell’occasione, diede alle stampe un catalogo che intitolò Collezione del Principe Marcantonio Doria d’Angri: arazzi, quadri, mobili, libri e oggetti d’arte con le notizie di dettaglio di ogni singolo oggetto. Fatte le debite ricerche d’archivio, oltre ad alcune copie in vendita in librerie che trattano libri d’epoca, ho rinvenuto 9 esemplari di questo catalogo conservati in altrettante biblioteche italiane. Nello specifico, due copie si trovano a Bologna, una a Lucca, uno a Milano, una a Tricarico (in provincia di Matera), una a Napoli, una a Piazzola sul Brenta (in provincia di Padova) e le ultime due a Roma. Recatomi presso una delle due biblioteche romane ho avuto modo di consultare il catalogo, stampato su carta patinata, di grande formato e molto ben curato, dove a pagina 10 si legge che di singolare importanza nel patrimonio artistico dei Doria sono due serie di arazzi fiamminghi e francesi: la prima … e l’altra della Manifattura di Beauvais, eseguita nel 1692 [tessuti sotto la direzione di Philippe Behagle], rappresenta episodi delle battaglie di Luigi XIV. Un altro arazzo rappresenta il Re Sole, che col suo cavallo bianco esce dal Gand, seguito dalla cavalleria; un altro ancora raffigura Maria d’Austria in una berlina tra quattro dame, tra cui si vuol riconoscere la Vallière e la Montespan … ancora, a pagina 38 si legge La serie di Beauvais, completa e assolutamente unica al mondo, in perfetto stato di conservazione, posseduta dall’Eccellentissima Casa del Principe Marcantonio Doria, proviene dalla collezione del Marchese di Boissy (cfr. Jules Badin, La Manufacture de Beauvais, p. 9-10). I soggetti ci sono noti sin dalla vendita che fu fatta al Castello di Monceau (cfr. Guiffrey, Histoire della tapisserie, p.487): “Prises de Doesbourg et de Besaçon, Messine secourue par le Duc de Vivonne, Sortie della garnison de Gand et Sortie della garnison de Dole”. In sede di divisione ereditaria, fu valutata dal perito giudiziale Prof. Enrico Possenti, nominato dalla Corte di Appello di Napoli, del valore di due milioni di lire (tradotti in Euro ammontano a 1.490.140,32); ma il Prof. Possenti, nella sua pregevole perizia, pur rilevando che, in sede di vendita, il valore poteva essere anche raddoppiato, non tenne presente una circostanza di eccezionale rilievo: vale a dire che la serie è più che rara, assolutamente unica al mondo, come la letteratura successiva apparsa ha confermato in modo irrefutabile.
Gli arazzi sono stati dichiarati dal Ministero dell’Educazione Nazionale (R. Soprintendenza alle Gallerie di Napoli), di importante interesse storico e artistico, in data 8 novembre 1939.
Sfogliando ulteriormente il catalogo, oltre alle foto degli oggetti più pregiati e alle notizie di dettaglio sui singoli pezzi, ho rinvenuto le immagini e le descrizioni degli arazzi angresi fatte dal Possenti. Per motivi redazionali, riporto integralmente le sole descrizioni così come sono presenti nel catalogo, mentre per le foto invito il lettore a visitare la pagina http://www.panaceart.it/joomla/sussidi/104-spigolature-angresi-del-novecento/467-gli-arazzi-del-castello-doria.html sul sito dell’Associazione PanacèA.
DESCRIZIONE DEGLI ARAZZI
(dalla perizia del Prof. Possenti)
1. Presa di Doesbourg (m. 4 x 3). “A destra dell’arazzo si vede il Re Luigi XIV che, col bastone del comando, sembra indicare ai generali che lo seguono, pure a cavallo, la città di Doesbourg. A sinistra, più distante, in parte coperto dal terreno, avanza a spron battuto un cavaliere con il cappello sul fianco; mentre, in secondo piano, dei soldati si preparano all’ attacco sotto le ultime linee fortificate e in alto si scorge la città con i suoi bastioni, sui quali si vede qua e là il fumo prodotto da incendi scoppiati in seguito al tiro dei proiettili francesi.
Il soggetto è in parte ispirato alla presa di Lilla dell’ Hisloire du Roi, la serie che il Fenaille descrive diffusamente ed il Rossi nel suo Manuale chiama impropriamente “la presa .di Olanda”. Trattasi, invece, con più precisione, della presa di Doesbourg, piazzaforte della GheIdria, che fu conquistata dai francesi nel 1672 e che essi ritennero fino al 1674, dopo averne distrutte le fortificazioni”.
2. Presa di Besançon (m. 4 x 2.90). “Sull’orlo turchino si legge chiaramente Besançon. P. Béhacle. In un primo piano, un bivacco di soldati presso delle tende, da una delle quali pende della cacciagione. Uno dei soldati mangia distrattamente una zuppa, mentre un altro attende a rimuginare in una caldaia, di sotto la quale si sprigiona una colonna di fumo, della polenta; e altri due, uno dei quali col fucile, stanno discutendo sulla spartizione di una forma di cacio. Tra le tende e il fumo delle pentole, due militari (di cui uno sembra un ufficiale) stanno come sospesi, forse pensando alla battaglia che si svolge in un secondo piano, al disopra delle loro teste. II Re Luigi XIV, su di un cavallo bianco, sembra indicare ad un ufficiale che gli cavalca da presso, con il cappello in mano, la città di Besançon, che si vede in distanza, con la sua cittadella appollaiata su di una rupe scoscesa, divisa in due parti dal fiume Doubs. Un reparto di cavalleria precede il Re in direzione della città.
Luigi XIV, al principio del 1688, la tolse agli spagnoli. (Uno degli episodi della guerra di successione di Spagna, per cui alla morte del Re Filippo IV, suo genero, Luigi XIV pretendeva raccoglierne la successione nella Franca Contea e nei Paesi Bassi), Restituita poco tempo dopo, in seguito al Trattato di Aix la Chapelle, la riconquistò definitivamente nel 1674.
In questo soggetto vi sono degli elementi di quella che il Fenaille chiama, nella serie dell’Histoire du Roi: “La defaite du Comte de Marsin”, del pittore de Sève il giovane, da schizzi di van der Meulen”.
3. Uscita della guarnigione da Gand (m. 4 x 6.40). “Sull’ orlo turchino si legge: Gand P. Béhacle. A destra il Re, sul suo solito cavallo bianco, con il bastone di comando teso innanzi, seguito da altri personaggi a cavallo, mentre uno dei capi dell’esercito vinto, con il cappello sotto il braccio sinistro, presentato da un ufficiale francese con fascia e bastone, sembra volergli rendere omaggio. È seguito da uno scudiero, che tiene per il morso un cavallo bianco; nel medesimo tempo la cavalleria spagnola, preceduta da un tamburino a cavallo, da due soldati pure a cavallo che danno fiato alle trombe in atto di saluto, sfila dinanzi al vincitore tra due ali dell’ esercito francese. Presso la cavalleria, tre personaggi senza cappello sembrano attendere il ritorno del capo della missione che si sottomette al vincitore. In alto, in un secondo piano, la città di Gand con le sue fortezze, tutta intersecata di canali e formicolante, fin negli ultimi sobborghi, di truppe.
Questo arazzo, il cui cartone sembra ispirato alla Reduction de Marsala, quale ce la descrive il Fenaille, ci rappresenta la conquista di Gand nel 1678, per opera di Luigi XIV in guerra contro la Spagna, dopo un assedio di sei giorni. Restituita alla Spagna nel medesimo anno, in virtù della pace di Nimega, venne poi riconquistata nel 1708”.
4. Uscita della guarnigione da Dole (m. 4 x 5.40). “È raffigurata, in un primo piano, una ricca berlina, su cui si legge il monogramma di Maria Teresa, trainata da sei cavalli riccamente bardati con entro appunto Maria d’Austria, figlia di Filippo IV di Spagna, nipote e moglie di Luigi XIV, con quattro Dame di corte. A sinistra della carrozza il Re Luigi XIV, su di un cavallo bianco, seguito da quattro personaggi pure a cavallo. Tre ufficiali con spada e speroni, forse comandanti della piazza vinta (il principale centro della Franca Contea, che Luigi XIV conquistò nel febbraio del 1668; restituì nel maggio agli spagnoli, in seguito al Trattato di Aquisgrana, previa demolizione delle fortezze; riconquistò nel 1674), vengono a rendere omaggio a testa scoperta ai Sovrani, mentre degli alabardieri sembrano voler trattenere dei contadini curiosi, che con le bisacce sulle spalle chiedono attoniti notizie del fastoso corteo. In un secondo piano, in un luminoso paesaggio, tra cui spicca chiaramente descritta la città vinta con le sue torri, le sue mura, i suoi canali, i ponti sui quali si svolgono movimenti di truppe a cavallo e a piedi francesi e nemiche, si svolge maestosa la campagna circostante, in cui sorgono qua e là degli attendamenti.
Muntz, Guiffraj, Pinchart (nella loro Hisloire Gènèrale de la Tapisserie) citano un quadro dipinto dal pittore van der Meulen: l’entrata di Luigi XIV e di Maria Teresa a Donai, dopo la presa della città il 23 agosto 1667 (che è ora al Museo di Versailles), da cui non è improbabile sia stato preso il cartone di questo arazzo. Il signor Andrea Péretè, conservatore del Castello di Versailles, mi fa sapere che un quadro dell’ Ivart da uno schizzo di van der Meulen, destinato ad essere tradotto in arazzo dai Gobelins, ma che non fu eseguito mai, ora trovasi nella sala di Apollo. Lo schizzo originale del pittore fiammingo, che era al Louvre, è da quattro anni in possesso del Museo. Il pittore si è ispirato probabilmente all’ episodio di quel trionfale viaggio a Gand, in cui Luigi XIV ebbe la disinvoltura, per i nostri costumi inconcepibile, di far viaggiare nella medesima berlina della Regina le Dame di questa, de la Vallière e de Montespan, sue favorite ufficiali, e la seconda per di più in stato interessante: viaggio che il popolo chiamò “delle tre Regine”.
5. Seguito del precedente (m. 4 x 2.10). “Sull’orlo turchino non vi è che il nome dell’arazziere P. Behacle In un primo piano due contadini, un uomo e una donna, recante una bisaccia a bilico sul’braccio sinistro, in attitudine di allontanarsi, il volto dolente e smarrito, sono presso ad un alabardiere con l’aria pensosa, che reca il cappello sotto il braccio ed è vicino ad un cavallo. In un
secondo piano, in un paesaggio invernale, la cavalleria spagnola, che si allontana scortata da quella francese.
L’arazzo è il seguito della Conquista di Dole, che l’esecutore per ragione di spazio ha riprodotto in due parti. Nella riproduzione, il cavallo dell’alabardiere è riuscito con la testa mozza, che si continua nell’ arazzo rappresentante la conquista predetta. (Non è, come potrebbe sembrare a prima vista, che l’arazzo sia stato tagliato in due: la cornice appare tessita e non rammendata in alcun punto)”.
6. Messina soccorsa dal Duca di Vivonne (m. 4 x 3.45). “L’arazzo porta scritta sull’orlo: Messine – Behacle. Rappresenta in un primo piano la flotta dei vascelli Ispano-Olandesi e in un secondo piano il porto di Messina con la flotta francese e uno sfondo di colline.
Secondo il Garspasch, uno dei soggetti della serie delle conquiste di cui parla nel suo Repertorio, è intitolato: Messine secourue. L’arazzo, quindi, rappresenta la flotta ispano-olandese inviata per recuperare Messina, soccorsa a sua volta dalla flotta francese, quando – insieme con tutta la Sicilia – sapendo la Spagna seriamente impegnata, specialmente nei Paesi Bassi, contro Luigi XIV, aveva colto nel 1695 l’occasione per scuotere il giogo e proclamare sovrano Luigi XIV. L’ammiraglio francese Duquesne, inviato alla volta di Messina, dopo uno scontro indeciso presso le isole Stromboli, tenne testa alla flotta avversaria e la sconfisse. Gli alleati persero dodici vascelli, sei galee, settemila uomini, settecento cannoni e un ammiraglio della tempra del Ruyter, che, ferito mortalmente, si spegneva a Siracusa nell’aprile del 1676. Una seconda vittoria, in vista di Palermo, concesse alla Francia la signoria dell’isola, signoria che, date le continue vessazioni e la scarsa comprensione dell’ambiente da parte dei Viceré francesi fu presto perduta”.
Giancarlo Forino
Associazione PanacèA