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    Le campane di San Giovanni

    Credo che in pochi, per ovvi motivi di sicurezza, abbiano mai avuto modo di accedere sul campanile di San Giovanni per vedere da vicino i bronzi che ogni giorno fanno sentire la loro possente “voce” per chiamare a raccolta i fedeli o segnare eventi gioiosi e luttuosi.
    Le campane che ospita sono quattro, di cui due appartenenti alla confraternita di Santa Margherita, una di proprietà della Collegiata e la più grande donata dal Comune, come si legge sulle rispettive iscrizioni. La più antica è una delle due di Santa Margherita, risalente al 1708 e non al 1408 come affermato in passato da altri studiosi. La fondatezza di tale tesi viene da tre elementi: la forma del bronzo che non rimonta a quel periodo (le campane quattrocentesche erano più affusolate); il “7”, come appare a un accurato esame visivo, è stato collocato sottosopra all’atto della fusione, dando l’impressione di essere un “4” e, non ultimo, nell’ipotesi che effettivamente la campana sia quattrocentesca e che la confraternita vanti natali così antichi, mai nei documenti che la riguardano ne è stato fatto cenno; tra l’altro, se così fosse stato, nelle processioni religiose che si svolgevano fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso e a cui partecipavano tutte e tre le confraternite angresi, quella di Santa Margherita avrebbe dovuto sfilare per prima, cosa che non fu mai.
    Le rimanti tre campane sono state fuse da Antonio Ripandelli tra il dicembre del 1858 e il gennaio del 1859.
    Sappiamo che nell’impianto Trecentesco della chiesa il campanile si trovava vicino alla vecchia sagrestia, grossomodo dove oggi si trovano i locali destinati a ufficio e il salone della confraternita di Santa Margherita; difatti, ancora oggi, via Fusco viene appellata “a’ rete o’ campanaro”.
    Dai documenti fino ad ora noti nulla sappiamo sulla forma e sull’altezza che aveva il precedente campanile, mentre quello attuale è stato costruito durante l’ultimo decennio del Settecento; molto probabilmente non fu mai completato, essendo di altezza uguale a quella del tempio e non, come i ricorrenti canoni costruttivi prevedono, più alto. Non fu un caso, quindi, se nel 1964 si costituì un comitato cittadino per promuovere lo studio e la realizzazione di un progetto per l’elevazione della cella campanaria e fu pubblicata anche una speciale cartolina.
    Una curiosità: nelle carte del Canonico Pannone è presente la minuta di un verbale, datato 7 gennaio 1931, redatto in esecuzione di un contratto stipulato con Domenico Abate per effettuare una saldatura autogena su una delle campane della chiesa. Il documento afferma che un’apposita Commissione, composta dai Canonici Gioacchino Desiderio e Pasquale Pannone, dal sagrestano Aniello Annarumma e dai signori Giovanni Longobardi e Giuseppe Stanzione, si era recata sul campanile per esaminare la resa acustica della campana dopo l’avvenuta saldatura e unanimamente deliberava che “Il suono attuale della campana sottoposta a saldatura autogena dall’artista Domenico Abate non è perfettamente identico al suono che emetteva la detta campana prima di essere lesionata, ma se ne discosta per una variazione appena sensibile. Tuttavia, essendo l’attuale suono sufficientemente gradito all’orecchio e tale da conservare alla detta campana tutto intero il suo valore di uso, la Commissione ritiene l’operazione di saldatura ben riuscita e quindi valido ed esecutivo il contratto intervenuto tra il Rev.mo Can.co D.Pasquale Smaldone e l’artista Domenico Abate”.
    Il verbale non indica con esattezza quale campana sia stata oggetto dell’intervento, ma è verosimile ritenere che si trattasse della campana di proprietà diretta della chiesa.
    Giancarlo FORINO
    Associazione PanacèA

    Il disegno mostra la vista in pianta della cella campanaria della chiesa. In particolare, la campana UNO è la più antica, risalente al 1708, e appartiene insieme con la DUE, fusa nel 1859, alla confraternita di Santa Margerita; la TRE, fusa anch’essa nel 1859, è quella di proprietà diretta della Collegiata e molto verosimilmente quella sottoposta a saldatura autogena; infine la QUATTRO, quella più grande e non visibile dal basso, è quella donata dal Comune alla chiesa nel dicembre 1858, a conferma del diritto di patronato esercitato dall’Amministrazione Civica, quando era Sindaco Pietro De Angelis.

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