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    A proposito di informazione sul nostro territorio

    Pubblichiamo di seguito, come richiestoci dall’interessato, la nota intitolata “La stecca nel coro”, inviataci dall’amico Carmine Lanzieri, facendola precedere, doverosamente, dal testo che doveva uscire nella rubrica curata da alcuni mesi dallo stesso Lanzieri sul mensile ANGRI ’80, denominata “Alle falde del monte Taccaro”, ma che è stato sospeso per le ragioni che abbiamo rappresentato allo stesso autore e che di seguito esplicitiamo ai nostri lettori per mero spirito di chiarezza.
    A Carmine abbiamo semplicemente fatto notare che la critica che lui avanza, nel testo sospeso, all’informazione sul nostro territorio andava, ma così non è per chi ha la bontà ed il tempo di leggere la sua nota, supportata dall’esplicita chiamata in causa delle testate e dei servizi che secondo lui meritano di essere definiti come “…la stampa di oggi: volatili opinioni che mai come oggi, leggere e vuote di contenuti, preda del vento di convenienza, si librano alte, talmente lontane ed aleatorie, che agli occhi dei più, sembrano voler dire tutto ed il contrario di tutto, sembrano essere idee, quando invece sono solo opinioni, talmente personali, che spesso sono più partigiane di alcuni padri della nostra costituzione”.
    E questo per dare a tutti gli organi di informazione territoriale la possibilità di dibattere/ribattere sulla qualità dei propri servizi, altrimenti l’esternazione di Lanzieri si riduceva al ricorrente e qualunquistico “sparare nel mucchio”, facendo di tutta l’erba un fascio. Fatto che metteva in evidente difficoltà lo stesso ANGRI ’80, che ospita la rubrica, sia perché chiamato in causa insieme a tutti gli altri mezzi di informazione, sia nei confronti dei colleghi dell’informazione territoriale, sia, e soprattutto sul piano deontologico, nei confronti dell’Assostampa comprensoriale di cui si è anche membri dirigenziali.
    E su questo sito, a riprova della nostra disponibilità al dialogo ed al confronto aperto, senza nessuna faziosità, abbiamo doverosamente pubblicato integralmente nel mese di Luglio (la nota è ancora leggibile) la replica della Confesercenti, redatta per suo conto dallo stesso Lanzieri, alle CONTRADDIZIONI ANGRESI/40 “I muri e i… muli” di Luigi D’Antuono, sulla querelle scoppiata con il Comitato di San Giovanni, per l’organizzazione della festa della pizza da parte della Confesercenti, durante i festeggiamenti di San Giovanni. Cosa che poteva essere fatta anche sul mensile di settembre, esplicitamente, e non nella modalità scelta da Lanzieri, visto che era una replica per conto e per nome della Confesercenti, nella rubrica nata per altro scopo, ma con un intervento esplicito di replica a quanto argomentato da D’Antuono.
    Per cui è non veritiero ed è capzioso quando scritto, successivamente, da Lanzieri nella nota “La stecca nel coro”, quando afferma che “…Mi sono permesso di scrivere che Angri 80 é fazioso, perché permette ad un suo redattore, quand’anche sia uno dei fondatori, di scrivere a senso unico, fregandosene della notizia, propinando pura e semplice opinione senza l’ausilio dei fatti. Ho avuto la faccia tosta di parlarne, ho osato arrogarmi il diritto di farlo all’interno di una rubrica del “suo” stesso giornale”.
    La chiamata in causa, ma sempre in modo implicito, di D’Antuono è stata fatta appunto successivamente, ancora senza citare l’argomento in questione (polemica Confesercenti/Comitato San Giovanni) e la rubrica è stata sospesa unicamente per le ragioni sopra esplicitate.

    Testo sospeso della rubrica “Alle falde del Monte Taccaro”
    LA QUARTA DIMENSIONE

    “Da che mondo è mondo, nessuno di quelli demandati alla gestione della cosa pubblica è mai riuscito ad accontentare tutti i cittadini. Del resto è fin troppo ovvio che se si recepiscono le proposte di Tizio si scontenta Caio, se si accettano le richieste di Sempronio, ti fai nemici tutti gli altri. E allora come ci si deve comportare? Essere indifferenti alle critiche non è certamente il modo migliore per amministrare una cittadina come Angri, nel contempo non ci si può neanche lasciar condizionare troppo, per non perdere il controllo, inteso come gestione, sul territorio ed i cittadini. La migliore soluzione, come al solito sta nell’equilibrio, nel saper coniugare le necessità del territorio, con le promesse fatte in campagna elettorale; scendere a patti con le realtà sociali, senza dimenticare il programma di amministrazione. Perché meravigliarsi, fintamente, e cercare in tutti i modi di meravigliare, realmente, chi “subisce” più o meno, passivamente le scelte degli amministratori; perché voler vedere a tutti i costi delle colpevoli connivenze tra le varie componenti della realtà locale? Non è pensabile che ci siano invece dei tentativi di avvicinamento con il solo scopo di condividere, partecipare, vivere, le varie problematiche locali? No, chi “cammina a braccetto” con l’amministrazione lo fa unicamente per un tornaconto personale: è questo quello che i mediatici angresi vogliono far credere, perché alcuni di loro avendo sempre vissuto i rapporti sociali in questi termini, sono convinti che non vi siano altri modi. Della serie “La politica, se non ci foraggia, si combatte.”
    Sappiamo tutti di vivere in un mondo a tre dimensioni: altezza, larghezza e profondità. Per reggere il paragone nel caso delle amministrazioni pubbliche, si intende che se la destra è felice, ci sono buone possibilità che non lo sia la sinistra; una volta soddisfatti questi due elementi, subentrano le richieste di chi sta in alto che, ovviamente, sono in netto contrasto con chi sta in basso; dopo estenuanti mediazioni sembra di essere in dirittura d’arrivo, ma ti accorgi che non hai tenuto conto di chi sta davanti che, manco a dirlo, la pensa in maniera diametralmente opposta a chi sta dietro. Il saggio e capace amministratore in grado di mettere tutti d’accordo grazie ad un lavoro di mediazione, spesso sfiancante, una volta raggiunti questi risultati meriterebbe la soddisfazione di aver fatto bene il proprio lavoro, ed invece si accorge di aver dimenticato una componente importante, che nei tempi che viviamo ha un ruolo molto rilevante, ed è questa la quarta dimensione cui faccio riferimento. Un modo trasversale di vivere il mondo ed il quotidiano, la consapevole capacità di essere sempre in disaccordo con le scelte operate dagli amministratori, il peculiare sistema di creare smottamenti, demolendo opinioni, mettendo in discussione anche l’evidenza. E questa è la stampa di oggi: volatili opinioni che mai come oggi, leggere e vuote di contenuti, preda del vento di convenienza, si librano alte, talmente lontane ed aleatorie, che agli occhi dei più, sembrano voler dire tutto ed il contrario di tutto, sembrano essere idee, quando invece sono solo opinioni, talmente personali, che spesso sono più partigiane di alcuni padri della nostra costituzione. Io non mi ribello a questo modo di fare informazione, non me la sento di pontificare né di tacciare di comportamenti più o meno corretti; lascio questo arduo compito a chi possiede la verità. Io mi limito a leggere, digerire, trattenere quello che sento mio; e ad espellere ciò che ritengo potenzialmente dannoso per la mia salute mentale”.
    Carmine Lanzieri Battaglia

    La stecca nel coro.

    Ricordo anni fa, durante una cerimonia di premiazione per un evento giornalistico qui ad Angri, incontrai, ed ebbi modo di conoscere per quella sera, una persona che prima di andare via mi lasciò il suo indirizzo di posta elettronica. La sua “id” di posta era lasteccanelcoro, non ricordo il dominio di posta ne altro.
    Per molto tempo questo ricordo è rimasto sopito dentro di me, come uno di quei virus dormienti, che si attivano quando meno ce lo aspettiamo, in determinate condizioni, in non meglio specificate situazioni.
    Il significato dell’espressione “essere una stecca nel coro” è abbastanza chiaro: si riferisce ovviamente ad una persona che non riesce a stare dietro agli altri coristi, che non è capace di seguire le indicazioni del maestro del coro che, il più delle volte è costretto ad estromettere questa persona dal gruppo, prima che rovini la bella voce degli altri, e comunque prima che ci sia un’esibizione in pubblico che potrebbe mettere in cattiva luce se non addirittura vanificare il lavoro svolto. Una persona stonata non può far parte del coro.
    Ed è un poco quello che è successo a me ultimamente. Sono stato trattato come una stecca nel coro, un virus da debellare, qualcosa che siccome stonava troppo con il “coro” non poteva continuare a farne parte.
    È così facile emarginare chi non la pensa come loro, specialmente se il coro lo dirigono loro, se il coro lo hanno fondato loro, se il coro canta solo le canzoni che vogliono loro!
    Nel panorama “coristico” angrese di esempi del genere ce ne sono altri, ensemble di voci che pur di rimanere sulla breccia e non perdere quel pizzico di visibilità duramente conquistata, si “immolano” sull’altare dell’ipocrisia e della polemica a buon mercato. Tant’è che ultimamente Angri sembra avere una sola voce: quando tutti i cori cantano insieme, non si sente alcuna differenza. Ed è questa l’informazione angrese, un coro, sicuramente a più voci, ma che eseguono tutte la stessa canzone, scritta, arrangiata, prodotta, eseguita e distribuita dagli stessi soloni, saccenti e moralisti a modo loro.
    Io ho sempre amato scrivere, e mi è riuscito, più o meno decorosamente, di tramutare i pensieri in parole. Lo facevo già dal liceo, quanto la professoressa di italiano Rosa La Mura (deceduta pochi anni fa), i miei “temi” non li correggeva, aspettava di trovarsi in classe e di chiamarmi alla cattedra, dove, più o meno dolcemente mi chiedeva di spiegarle e di spiegare alla platea di studenti, cosa io avessi voluto dire. E devo dire che questo mi ha aiutato molto nella mia crescita “espressiva”, visto che mi ritrovo una discreta facilità di comunicazione con gli altri. I miei “temi” avevano sempre la quarta facciata zeppa di note della professoressa, dove lei pazientemente mi spiegava che: il tema era scritto bene, scorrevole e corretto, piacevole ed interessante, ma che non era attinente con la traccia. Già a quel tempo avevo difficoltà a rimanere nel “coro”. Il giudizio in termini numerici la dice tutta: i miei voti andavano dal tre al cinque meno meno (anche se, quando poi sono stato bocciato nel 1980, lei fu l’unica a darmi un sette sui “quadri” che vennero esposti al pubblico).
    Ho continuato poi pubblicando comunicati da parte delle associazioni di cui sono stato membro attivo: ricordo con estremo piacere alcune attività svolte, prima con “Gruppo Amici” e poi con “Angri 2000” confluita poi in “Angri nel 2000”, fino ai giorni nostri, dove molti dei comunicati, rilasciati ad uso e consumo degli organi di stampa da parte di Confesercenti Angri, sono scritti da me.
    Ho preso a pubblicare, quando possibile, anche su Angri 80.
    Più che altro lettere di “denuncia” di episodi discutibili oppure di problematiche riferite alla sicurezza stradale, che una volta protocollate o consegnate presso gli organi competenti, rendevo pubbliche attraverso le pagine del “mensile degli angresi”. Ma il mio sogno era di diventare giornalista. Un sogno lungo una vita che mi sono messo in testa di realizzare. Non sto qui a spiegare come si diventa giornalista, ma è sicuramente molto semplice, visti i tanti “redattori” sguinzagliati sul territorio, ai quali potete chiedere lumi. Una cosa è essenziale: bisogna pubblicare, su qualsiasi piattaforma, web, video, carta stampata oppure radiofonica, i propri articoli.
    Così è nata la mia collaborazione continuativa con Angri 80. Mi sono ritagliato uno spazio con una rubrica, “Alle falde del monte Taccaro”, che, tra dimenticanze varie, firme tagliate, nomi di personaggi cambiati, era presente da qualche mese sul giornale.
    Mi era stato posto ed imposto, un solo paletto, che si scrivesse di Angri, ed io così ho fatto, accettando. Fino a quando non ho cominciato a “steccare”. Mi sono permesso di scrivere che Angri 80 é fazioso, perché permette ad un suo redattore, quand’anche sia uno dei fondatori, di scrivere a senso unico, fregandosene della notizia, propinando pura e semplice opinione senza l’ausilio dei fatti. Ho avuto la faccia tosta di parlarne, ho osato arrogarmi il diritto di farlo all’interno di una rubrica del “suo” stesso giornale. Ma tant’è, il suo veto é stato determinante, ed il mio “pezzo” non è uscito. Ed io resto fuori dal coro, però continuerò a “cantare” per chi vorrà ascoltare la mia voce. E chissà potrebbe venirmi voglia di fondare un coro tutto mio, insieme ad Aldo, farlo nostro e cantare “dissonanti” dagli altri cori. Eseguire spartiti che seguano il ritmo della verità: notizie, se notizie, opinioni, se opinioni. Ma sempre confortati dai fatti, ed i fatti non si possono guardare con un occhio solo come qualcuno continua a fare.
    Punto.
    Carmine Lanzieri Battaglia

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