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    Diario del direttore artistico-24

    Ventiquattresimo appuntamento con la rubrica che vuole raccontare, in maniera assolutamente non seriosa, gli eventi della rassegna, i personaggi che ne fanno parte, come artisti e organizzatori, i fatti particolari, visti dal direttore artistico della TERZA edizione della Rassegna “Angri a teatro”.

     

    28/04/2014

    Ieri sera sono stato al teatro di S. Caterina per assistere alla rappresentazione di Capuzzelle, ovvero l’invenzione del purgatorio, di e con Alfonso Sessa. Al riguardo devo segnalare alcune cose. La prima è che, in concomitanza con lo spettacolo della nostra rassegna, c’erano altri due eventi teatrali: uno a Napoli, che ha visto protagonisti gli amici della compagnia “Il Ponte”, l’altro alla chiesa di S. Maria di Costantinopoli, dove è stato messo in scena un lavoro sulla figura di Don Enrico Smaldone. Ne è conseguita una penalizzazione, poiché gli Angresi amanti del teatro si sono dovuti sparpagliare un po’ tra questi tre appuntamenti.

    In secondo luogo, quella di ieri sera è stata una vera e propria anteprima assoluta (come ho raccontato nella scorsa puntata, Alfonso aveva presentato un assaggio di Capuzzelle alla festa per il trentennale di “Angri ‘80”, ma poi lo spettacolo è diventato tutt’altra cosa). E mi ha fatto piacere cogliere un certo orgoglio nella voce di Alfonso, quando, al termine dello spettacolo, salutando e ringraziando il pubblico, ha sottolineato che questa “prima” avveniva nel suo paese di origine. A dirla tutta, mi ha fatto piacere anche sapere che in qualche modo, mettendo alle strette l’autore per farmi dare una data per la rappresentazione, l’ho di fatto “costretto” a completare il suo lavoro.

    In terzo luogo, il Capuzzelle che abbiamo visto ieri sera è stato, in realtà, un lavoro in fieri, una cosa ancora provvisoria. Certo, opera non priva di quel particolare fascino del non finito, dell’incompiuto, dell’ancora grezzo, ma, appunto, ancora da completare in tutte le sue sfumature, da limare in alcune sue incongruenze narrative, da smussare in alcuni eccessi.

    Tuttavia, anche sotto la veste di work in progress questo nuovo lavoro ci permette qualche riflessione. Intanto, sulla forma. La versione di ieri sera è stata una sorta di lettura drammatizzata: scena spoglia, qualche raro oggetto di scena impiegato per sottolineare e dare corpo ad alcune immagini evocate dal narrare scenico di Alfonso, un leggio, una cravatta, una borsa da banchiere. E, poi, soprattutto, l’attore, o meglio il narr-attore.

    Sulla falsariga del racconto dello scorso anno, Alfonso ha impiegato una tecnica recitativa che ha mescolato immedesimazione e narrazione. In alcuni punti lui era il narratore che raccontava la storia di questi personaggi un po’ sopra le righe – il parroco don Luigino, il sacrestano Catenaccione (che prestano denaro ad interessi da usura, ma si autoassolvono per evitare l’Inferno, e previa espiazione dei peccati in Purgatorio, per accedere al paradiso), la vecchia nonna Melina, il piccolo Pellicano… – in altri si immedesimava ora nell’uno ora nell’altro per dare corpo e voce alle sue creature. È fuori discussione che il punto forte di Alfonso è il lavoro d’attore, per quanto ieri sera talvolta la sua voce diventava troppo roca.

    Il teatro non è pura forma: vi è anche una materia. E quella affrontata in Capuzzelle è quanto mai piena di addentellati alla contemporaneità. Ma, si badi, non ad una contemporaneità intesa come storia generale e universale, piuttosto come riferimento alla quotidianità di ciascuno di noi. Infatti, se è vero che non salveremo le nostre anime in solitudine, è pur vero però che ciascuno di noi è stato dotato di libero arbitrio, che gli consente di scegliere tra il bene e il male, tra il percorrere la via verso la salvezza eterna o quella che porta alla dannazione eterna. Ed effettivamente, l’invenzione del Purgatorio, questa sorta di stadio intermedio, dove si finisce quando non si è troppo cattivi per l’Inferno, ma nemmeno troppo buoni per il Paradiso, scardina un po’ tutta una serie di principi morali e di precetti che incontriamo anche nelle Sacre Scritture. E, nella storia di Alfonso, sembra che al Purgatorio vengano ammessi un po’ tutti, soprattutto i banchieri, o quanti maneggiano il denaro, ossia lo sterco del diavolo.

    Però, si badi bene, a maneggiare lo sterco del diavolo c’è il rischio che le mani restino sporche e maleodoranti. Ma il mondo di oggi ha prodotto una vasta gamma di saponi per lavarsi le mani e lasciarle pulite e profumate: chissà se quegli stessi saponi che lavano via la sporcizia del danaro (sporcizia non soltanto in senso letterale) veramente un domani serviranno anche a detergere le anime di quanti in nome di quel denaro fecero tutto e il contrario di tutto…

    Vincenzo Ruggiero Perrino

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